POPOF...
IL PROFETA
*
E LUCE FU...
… (non me ne voglia Danilo)
In quel tempo il profeta Martinetti ed il fido discepolo Fra Pierluigi vagavano per strade e piazze per predicare il sacro verbo Cidippino, (distribuendo, già che c’erano, anche qualche volantino della “Gara di Bagnaia … )
Un giorno, rivolgendosi alla folla il Profeta disse: “giudei, farisei, filistei … Pompei, qui le cose debbono cambiare. Se per più di trent’anni avete seguito la strada sbagliata (probabilmente per colpa delle solite frecce messe a caso sul catrame) dovete finalmente cambiare, cambiare la vostra religione, cambiare la vostra vita, ma soprattutto cambiare la Società … quella in cui vivete, voglio dire , non mi fraintendete ... baci baci baci a tutti ( e non so se mi spiego …)
Subito le folle l’acclamarono (in particolar modo quando seppero che la divisa era gratis) e già cominciavano a diffondersi voci di strani tumulti contro uno dei Pompei, Enrico di Nazareth, noto radunatore di folle domenicali sotto la bandiera della religione Avisiana, più volte accusato di sfamare i poveri (diventati tali a causa delle quote societarie troppo alte) con miseri pacchi gara, contenenti fra l’altro i biscotti quasi scaduti di Piselli, nonché coinvolto in altre storie legate ad Alimenti, nel senso di cibo e senza alcun riferimento al discepolo Santo Stefano.
Già al tempo dell’istruzione aveva attirato su di se le antipatie degl’insegnanti, come in occasione del primo giorno di scuola in cui il professore di musica Apollonio Romanorum entrando in aula disse: Buongiorno, io sono il maestro. Ed Enrico disse: anch’io. Ed Apollonio: Bene, tu che fai lo spiritoso, vai subito alla lavagna!
Molti suoi nemici lo sbeffeggiavano perché sosteneva di essere il Figlio del Padre, e gli dicevano “Magari sei anche il fratello della sorella”, ironizzando sul fatto che si faceva stirare le camicie, rimproverandogli inoltre di essere un bestemmiatore (si vantava di maratone corse sotto le 2 ore e 30), di essere un adescatore di ingenue giovani religiose con la falsa promessa di farle diventare campionesse e di essere frequentatore, senza alcun diritto, di alcuni sacri templi, fra cui uno in particolare dedicato ad una presunta collega, Santa Giuliana.
Ma la colpa più grave che gli veniva addossata non era quella di manifestare il suo credo contro le altre religioni, fra cui la Cidippina, l’Aspiana, la Policiana, la Capanniana, di fare la moltiplicazione dei prosciutti nel frigorifero di Santa Sabina (altra sua presunta collega nota nell’ambiente per puri motivi conviviali) di mettere nei pacchi gara del 45 d.E. (l’anno 45 dopo Enrico) magliette della Gerusalemmarathon del 40 d.E. (cioè vecchie di almeno 5 anni), no, non erano queste le accuse che più gli venivano rivolte.
Un giorno, rivolgendosi alla folla il Profeta disse: “giudei, farisei, filistei … Pompei, qui le cose debbono cambiare. Se per più di trent’anni avete seguito la strada sbagliata (probabilmente per colpa delle solite frecce messe a caso sul catrame) dovete finalmente cambiare, cambiare la vostra religione, cambiare la vostra vita, ma soprattutto cambiare la Società … quella in cui vivete, voglio dire , non mi fraintendete ... baci baci baci a tutti ( e non so se mi spiego …)
Subito le folle l’acclamarono (in particolar modo quando seppero che la divisa era gratis) e già cominciavano a diffondersi voci di strani tumulti contro uno dei Pompei, Enrico di Nazareth, noto radunatore di folle domenicali sotto la bandiera della religione Avisiana, più volte accusato di sfamare i poveri (diventati tali a causa delle quote societarie troppo alte) con miseri pacchi gara, contenenti fra l’altro i biscotti quasi scaduti di Piselli, nonché coinvolto in altre storie legate ad Alimenti, nel senso di cibo e senza alcun riferimento al discepolo Santo Stefano.
Già al tempo dell’istruzione aveva attirato su di se le antipatie degl’insegnanti, come in occasione del primo giorno di scuola in cui il professore di musica Apollonio Romanorum entrando in aula disse: Buongiorno, io sono il maestro. Ed Enrico disse: anch’io. Ed Apollonio: Bene, tu che fai lo spiritoso, vai subito alla lavagna!
Molti suoi nemici lo sbeffeggiavano perché sosteneva di essere il Figlio del Padre, e gli dicevano “Magari sei anche il fratello della sorella”, ironizzando sul fatto che si faceva stirare le camicie, rimproverandogli inoltre di essere un bestemmiatore (si vantava di maratone corse sotto le 2 ore e 30), di essere un adescatore di ingenue giovani religiose con la falsa promessa di farle diventare campionesse e di essere frequentatore, senza alcun diritto, di alcuni sacri templi, fra cui uno in particolare dedicato ad una presunta collega, Santa Giuliana.
Ma la colpa più grave che gli veniva addossata non era quella di manifestare il suo credo contro le altre religioni, fra cui la Cidippina, l’Aspiana, la Policiana, la Capanniana, di fare la moltiplicazione dei prosciutti nel frigorifero di Santa Sabina (altra sua presunta collega nota nell’ambiente per puri motivi conviviali) di mettere nei pacchi gara del 45 d.E. (l’anno 45 dopo Enrico) magliette della Gerusalemmarathon del 40 d.E. (cioè vecchie di almeno 5 anni), no, non erano queste le accuse che più gli venivano rivolte.
Quello che gli veniva maggiormente contestato è che tutto questo lo faceva solo con i maschi. Questo creò non poco scompiglio nell’ambiente e subito cominciarono a nascere gelosie ed invidie, sommosse di popolo maschile ed anche di quello femminile (ovviamente quelle racchie mai cagate di striscio) e ci fu anche chi cominciò a parlare di miracoli.
Infatti si vociferava che qualcuna gliel’avesse anche data!!! Nonché del fatto che chiedesse sangue ai suoi adepti, come predicava la religione Avisiana, non per scopi umanitari, ma per trasformarlo in vino e metterlo fra i premi dell’Alir.
E fu proprio a causa di una delle giovani ch’egli voleva convertire alla sua religione, tal Santa Sabina Marchili, che Enrico di Nazareth si scontrò con il di lei procuratore romano Ponzio Pelato Mencaronio.
I due, a volte amici, a volte nemici, organizzavano a turno delle manifestazioni religiose in terra santa e fu proprio in occasione di una di esse che Ponzio Mencaronio cercò e trovò la sua vendetta.
Infatti, allorquando Enrico stava organizzando la Stra-Tiberiade, dal nome del famoso lago intorno al quale la stessa si svolgeva, Ponzio Mencaronio, cercò di mettersi in contatto con i di lui più fedeli discepoli, uomini che, dopo aver vissuto una vita da duri e spietati, erano diventati docili pecorelle grazie all’incontro con Enrico.
E fu proprio a causa di una delle giovani ch’egli voleva convertire alla sua religione, tal Santa Sabina Marchili, che Enrico di Nazareth si scontrò con il di lei procuratore romano Ponzio Pelato Mencaronio.
I due, a volte amici, a volte nemici, organizzavano a turno delle manifestazioni religiose in terra santa e fu proprio in occasione di una di esse che Ponzio Mencaronio cercò e trovò la sua vendetta.
Infatti, allorquando Enrico stava organizzando la Stra-Tiberiade, dal nome del famoso lago intorno al quale la stessa si svolgeva, Ponzio Mencaronio, cercò di mettersi in contatto con i di lui più fedeli discepoli, uomini che, dopo aver vissuto una vita da duri e spietati, erano diventati docili pecorelle grazie all’incontro con Enrico.
Essi erano: Galmaccio da Casenove, un uomo dal cuore di pietra (anzi, di marmo), Sportoletto d’la Magione, un uomo fuori dal comune (solo quand’era in ferie) ed Ignazio da Pronto Green, un uomo freddo, freddissimo (praticamente surgelato). Per cercare di boicottare la manifestazione Ponzio Mencaronio offrì a ciascuno di essi 30 kipfen tonno e carciofino (fatti freschi la mattina stessa, eh, mica scaduti come i suddetti biscotti che regalava subdolamente da falso amico ad Enrico) ed i tre cedettero alla tentazione.
Già in passato Ponzio Mencaronio aveva fatto squalificare l’Avisiano durante una delle scorse edizioni della gara intorno al lago, dicendo che lo aveva visto tagliare (in virtù delle sue ben note capacità miracolose).
E fu così che quando il Maestro chiese il suo aiuto per organizzare nuovamente la manifestazione, ben sapendo che nessuno dei suoi discepoli l’avrebbe poi aiutato, egli se ne lavò le mani. Da quel giorno in avanti non si chiamò più Ponzio Pelato ma si chiamò … Ponzio Pulito!
Enrico allora, avendo capito cosa stava succedendo, andò a parlare con i suoi discepoli e disse: Fratelli, oggi qualcuno di voi mi tradirà. Danilo disse a Secondo: “Oh, quando qualcosa va storto la piglia sempre con noi due!!!”
Enrico si rivolse quindi al suo più fedele discepolo, Galmaccio da Casenove e gli disse: Tu sai chi mi tradirà, vero? Forza canta!!!
E lui rispose cantando: MITZUNO, TI GIURO MITZUNO NEMMENO PETROZZINO … (noto procuratore perugino chiamato appositamente per risolvere il caso della Stra-Tiberiade).
Da quelle parole, segno anche di un certo squilibrio mentale dei suoi discepoli, Enrico capì che era rimasto solo e che il suo destino era ormai segnato. E fu così che, non essendo più in grado di portare a termine quanto aveva iniziato, all’ultimo momento decise di rinunciare alla manifestazione lacustre.
Ciò scatenò l’ira della folla (soprattutto di quelli che avevano già pagato l’iscrizione) e dalla moltitudine delle genti accorse da ogni dove si levò un forte grido: “CROCILLIFIGGIAMOLO, CROCILLIFIGGIAMOLO” (che equivaleva a dire: “legatelo e fategli mangiare solo insalata”). Uno dei più accalorati era proprio Santo Stefano Alimenti, memore di numerosi incontri conviviali in cui aveva ospitato l’apostolo Leonardo, noto digiunatore, ma solo quando il pranzo non era gratis.
Venne allora chiamato in causa il giudice Tomassonio il quale disse: siate Bonini, su, vi prego, siate Bonini (e dalla folla qualcuno disse: “si, così col cavolo che faccio la maratona sotto le tre ore) … E Tomassonio proseguì dicendo: Io non posso essere arbitro in questa vicenda … oggi c’ho ‘na mezza a Trevi!!! Provate a riparlare con Ponzio Pulito Mencaronio. Di lui la gente … si FIDAL!!! Ah ah ah . .. Ma nessuno rise!
E proseguì: “Magari deciderà di far COCILLIFIGGERE Paolo il Predicatore”. Un attimo di silenzio e terrore s’impossessò della piazza ed un brivido percorse la schiena delle genti.
Ponzio Pulito Mencaronio, invece, gonfio d’ira, come se non bastasse quanto aveva già fatto contro il Figlio del Padre (forse è un po’ vago, diciamo Enrico), si rivolse alla folla.
Già in passato Ponzio Mencaronio aveva fatto squalificare l’Avisiano durante una delle scorse edizioni della gara intorno al lago, dicendo che lo aveva visto tagliare (in virtù delle sue ben note capacità miracolose).
E fu così che quando il Maestro chiese il suo aiuto per organizzare nuovamente la manifestazione, ben sapendo che nessuno dei suoi discepoli l’avrebbe poi aiutato, egli se ne lavò le mani. Da quel giorno in avanti non si chiamò più Ponzio Pelato ma si chiamò … Ponzio Pulito!
Enrico allora, avendo capito cosa stava succedendo, andò a parlare con i suoi discepoli e disse: Fratelli, oggi qualcuno di voi mi tradirà. Danilo disse a Secondo: “Oh, quando qualcosa va storto la piglia sempre con noi due!!!”
Enrico si rivolse quindi al suo più fedele discepolo, Galmaccio da Casenove e gli disse: Tu sai chi mi tradirà, vero? Forza canta!!!
E lui rispose cantando: MITZUNO, TI GIURO MITZUNO NEMMENO PETROZZINO … (noto procuratore perugino chiamato appositamente per risolvere il caso della Stra-Tiberiade).
Da quelle parole, segno anche di un certo squilibrio mentale dei suoi discepoli, Enrico capì che era rimasto solo e che il suo destino era ormai segnato. E fu così che, non essendo più in grado di portare a termine quanto aveva iniziato, all’ultimo momento decise di rinunciare alla manifestazione lacustre.
Ciò scatenò l’ira della folla (soprattutto di quelli che avevano già pagato l’iscrizione) e dalla moltitudine delle genti accorse da ogni dove si levò un forte grido: “CROCILLIFIGGIAMOLO, CROCILLIFIGGIAMOLO” (che equivaleva a dire: “legatelo e fategli mangiare solo insalata”). Uno dei più accalorati era proprio Santo Stefano Alimenti, memore di numerosi incontri conviviali in cui aveva ospitato l’apostolo Leonardo, noto digiunatore, ma solo quando il pranzo non era gratis.
Venne allora chiamato in causa il giudice Tomassonio il quale disse: siate Bonini, su, vi prego, siate Bonini (e dalla folla qualcuno disse: “si, così col cavolo che faccio la maratona sotto le tre ore) … E Tomassonio proseguì dicendo: Io non posso essere arbitro in questa vicenda … oggi c’ho ‘na mezza a Trevi!!! Provate a riparlare con Ponzio Pulito Mencaronio. Di lui la gente … si FIDAL!!! Ah ah ah . .. Ma nessuno rise!
E proseguì: “Magari deciderà di far COCILLIFIGGERE Paolo il Predicatore”. Un attimo di silenzio e terrore s’impossessò della piazza ed un brivido percorse la schiena delle genti.
Ponzio Pulito Mencaronio, invece, gonfio d’ira, come se non bastasse quanto aveva già fatto contro il Figlio del Padre (forse è un po’ vago, diciamo Enrico), si rivolse alla folla.
Quindi, indicò con l’indice della mano destra il predicatore menzionato dal giudice, anch’egli in attesa di giudizio, tale Paolo Barabba Carloni, noto accusatore di Enrico in relazione alla moltiplicazione dei prosciutti nel frigo di Santa Sabina, e prendendo come al solito il microfono disse: “A voi la scelta!!! Chi volete libero Enrico o Paolo? Enrico o Paolo? Enrico o Paolo? Enrico o Paolo? … (e così via, finché qualcuno non gli tolse il microfono dalle mani …)
Tutti gridarono a gran voce: “Paolo, Paolo, per carità, Paolo” … e sottovoce … “altrimenti s’incazza”. Anche perché sembra che il Carloni fosse gran Maestro della setta Lino Spagnoli, nella quale, a chi non rispettava certe regole veniva prima torto il naso, poi torto un orecchio ed infine torto un braccio. Non a caso il più fedele dei suoi seguaci era “Torto – ioli”.
Quindi presero Enrico e lo legarono alla sbarra del Gerusalemm - Green Park, appoggiandogli sul capo una cuffietta della Lino Spagnoli (così, tanto per arruffianarsi ancora un po’ Carloni e tenerlo tranquillo) con la scritta ENRI, che all’apparenza poteva sembrare il diminutivo affettuoso di Enrico, ma che invece significava (Enrico di Nazareth Re degl’Imbroglioni), riferendosi ai pacchi gara, ai prosciutti, ai biscotti quasi scaduti, ai mariti e fidanzati cornificati (evidentemente qualcuno ai miracoli ci credeva!), etc.
Un discepolo della Lino Spagnoli prese una spugna, riciclata dalla maratona di Galilea, imbevuta di Polase sport scaduto avvivinandogliela alla bocca ed Enrico disse: “No, No No … E subito dopo: “Non lo sprecate che posso utilizzarlo nella prossima manifestazione!” Dalla folla partì una lancia … ma non una lancia di legno. Era proprio una Lancia “Y”.
Tutti gridarono a gran voce: “Paolo, Paolo, per carità, Paolo” … e sottovoce … “altrimenti s’incazza”. Anche perché sembra che il Carloni fosse gran Maestro della setta Lino Spagnoli, nella quale, a chi non rispettava certe regole veniva prima torto il naso, poi torto un orecchio ed infine torto un braccio. Non a caso il più fedele dei suoi seguaci era “Torto – ioli”.
Quindi presero Enrico e lo legarono alla sbarra del Gerusalemm - Green Park, appoggiandogli sul capo una cuffietta della Lino Spagnoli (così, tanto per arruffianarsi ancora un po’ Carloni e tenerlo tranquillo) con la scritta ENRI, che all’apparenza poteva sembrare il diminutivo affettuoso di Enrico, ma che invece significava (Enrico di Nazareth Re degl’Imbroglioni), riferendosi ai pacchi gara, ai prosciutti, ai biscotti quasi scaduti, ai mariti e fidanzati cornificati (evidentemente qualcuno ai miracoli ci credeva!), etc.
Un discepolo della Lino Spagnoli prese una spugna, riciclata dalla maratona di Galilea, imbevuta di Polase sport scaduto avvivinandogliela alla bocca ed Enrico disse: “No, No No … E subito dopo: “Non lo sprecate che posso utilizzarlo nella prossima manifestazione!” Dalla folla partì una lancia … ma non una lancia di legno. Era proprio una Lancia “Y”.
Era Carloni che, essendo stato liberato e sentendo le ultime parole proferite da Enrico, se ne stava andando dicendo: “Sarà meglio che vado via altrimenti je metto le mani addosso e me ringabbiano n’altra volta”.
Una giovane donna, impietosita dalle condizioni di Enrico, si avvicinò alla sbarra per tergergli il sudore, ma non avendo neanche un fazzoletto si tolse la maglietta per utilizzarla allo scopo, rimanendo solo con il reggiseno. Tutti esclamarono: E la Madooonna. Enrico si girò di scatto e disse: MAMMA!!!
Ma non era la Madonna. Era Suor Michela Bellucci, della confraternita delle Carmelitane Scalze (così chiamate da quando, dopo la marcia della Pace, avevano iniziato a fare la frazione di nuoto nel Duathlon di Betlemme). Enrico, a quella visione celestiale e colpito profondamente da quei “due grandi occhi”, miracolosamente (non a caso) si rianimò, si liberò dalle corde che lo tenevano legato e con un balzo scese dalla sbarra, iniziando a correre all’impazzata.
E corse, corse, corse, nei secoli dei secoli, fino ai giorni nostri (tanto moriva e resuscitava). Fece a ripetizione gli 800, i 1500, i 5000, i 10000, le mezze maratone, le maratone, le ultra… … no, quello era Fra Popof, le campestri, etc. continuando negli anni, come sempre, a moltiplicare i prosciutti nel frigo di Santa Sabina, risparmiando nei pacchi gara, regalando le magliette vecchie e soprattutto continuando nella sua opera di preghiera, rivolta non al cielo, ma come al solito verso le giovani donne.
Ma alla fine … Enrico a noi piace così ed in fondo è proprio per questo che tutti gli vogliamo bene e che gli saremo sempre devoti e fedeli, certi che mai e poi mai alcuno di noi deciderà di cambiare religione.
C’è solo una cosa che ci rammarica a causa sua.
Ci ha tolto un’illusione, confermandoci nel corso di questi secoli che i miracoli purtroppo non esistono, perché, nonostante tutte le sue preghiere … nessuna delle discepole gliel’ha mai data!
Una giovane donna, impietosita dalle condizioni di Enrico, si avvicinò alla sbarra per tergergli il sudore, ma non avendo neanche un fazzoletto si tolse la maglietta per utilizzarla allo scopo, rimanendo solo con il reggiseno. Tutti esclamarono: E la Madooonna. Enrico si girò di scatto e disse: MAMMA!!!
Ma non era la Madonna. Era Suor Michela Bellucci, della confraternita delle Carmelitane Scalze (così chiamate da quando, dopo la marcia della Pace, avevano iniziato a fare la frazione di nuoto nel Duathlon di Betlemme). Enrico, a quella visione celestiale e colpito profondamente da quei “due grandi occhi”, miracolosamente (non a caso) si rianimò, si liberò dalle corde che lo tenevano legato e con un balzo scese dalla sbarra, iniziando a correre all’impazzata.
E corse, corse, corse, nei secoli dei secoli, fino ai giorni nostri (tanto moriva e resuscitava). Fece a ripetizione gli 800, i 1500, i 5000, i 10000, le mezze maratone, le maratone, le ultra… … no, quello era Fra Popof, le campestri, etc. continuando negli anni, come sempre, a moltiplicare i prosciutti nel frigo di Santa Sabina, risparmiando nei pacchi gara, regalando le magliette vecchie e soprattutto continuando nella sua opera di preghiera, rivolta non al cielo, ma come al solito verso le giovani donne.
Ma alla fine … Enrico a noi piace così ed in fondo è proprio per questo che tutti gli vogliamo bene e che gli saremo sempre devoti e fedeli, certi che mai e poi mai alcuno di noi deciderà di cambiare religione.
C’è solo una cosa che ci rammarica a causa sua.
Ci ha tolto un’illusione, confermandoci nel corso di questi secoli che i miracoli purtroppo non esistono, perché, nonostante tutte le sue preghiere … nessuna delle discepole gliel’ha mai data!
E’ Parola di Popof.
2 commenti:
rendiamo grazie a popof....ma ho paura che qualcuno, lassù, possa impensierirsi un pochino....ciao popof, sei un grande
bacioni e saluti anche alla popoffa
ci scusiamo con l'Autore per la tardiva pubblicazione... in effetti eravamo in possesso del manoscritto da parecchio tempo... ma abbiamo ritenuto opportuna la pubblicazione solo nell'immediata prossimità delle festività... (infatti tòcca piacce le ferie per leggelo tutto...:-D)
mitico centocapoversi!
Posta un commento